Artigianato artistico Ascolano

Gli antichi mestieri: ferro battuto, legno, incisione e rame

Gli antichi mestieri: ferro battuto, legno, incisione e rame

All’interno dei piccoli borghi della provincia picena, sono ancora oggi numerosi gli artigiani attivi, un tempo al servizio dell’agricoltura locale. Si tratta della stessa popolazione che fu definita da Corrado Alvaro “tutta operosa, che lavora ancora ai ferri battuti e che ha imparato bene i vecchi mestieri, fabbri e falegnami, buoni costruttori…”. Abili e ricchi di inventiva, sapevano far fronte a tutte le esigenze: il fabbro, attivo anche come maniscalco, piegava all’occorrenza il ferro in eleganti volute; il falegname, detto anche marangone, costruiva i birocci colorati e i cassoni per le spose; il muratore, alternando la creta per i mattoni con la manifattura di vasellame, collaborava con il ceramista. A Montefiore dell’Aso, gli artigiani della lavorazione del ferro battuto e del legno realizzano oggetti d’uso comune e manufatti artistici, secondo procedimenti tradizionali, veicolando il loro bagaglio di saperi, di tecniche e conoscenze profondamente radicati al territorio. Interessante il laboratorio di incisione e arte grafica in contrada Aso, nel territorio di Montefiore, un’occasione per avvicinarsi a un’arte e un processo produttivo molto antico, che ha caratterizzato anche le opere di Adolfo De Carolis, testimoniate dalle 100 xilografie pervenute a Montefiore nel 1974, ed esposte all’interno del Polo Museale di San Francesco, nella Sala De Carolis, grazie alla donazione della famiglia De Carolis. Il Complesso museale, destinato dall’Amministrazione Comunale a custodire e promuovere il patrimonio culturale civico, accoglie inoltre la scuola di pittura ed incisione nel “Laboratorio delle Arti e dei Mestieri” e l’artigianato artistico nella “Bottega delle Arti”.

Il piccolo borgo di Force, la città dei ramai, mantiene viva la lavorazione del rame. Sull’origine della lavorazione del rame, avviata probabilmente in zona dai monaci farfensi, e del “baccajamento”, l’originale dialetto forcese spesso identificato come la lingua dei ramai, è tramandata una leggenda che racconta di un vecchio zingaro di nome Boro, abile nella lavorazione dei metalli. Giunto a Force, Boro introdusse la lavorazione artigianale del rame, insegnandola ai giovani, ma suscitando l’invidia di un altro zingaro che durante il sonno gli gettò in gola una palla incandescente di rame fuso. Boro incapace da quel momento in poi di comunicare, per via della voce ormai roca e del volto deformato, si ritirò su un’altura continuando a produrre meravigliosi oggetti in rame e a insegnare la sua arte ai giovani ragazzi di Force, pur non riuscendo a parlare, se non attraverso suoni incomprensibili che hanno preso il nome di “baccajamento”. I ramai forcesi realizzavano soprattutto oggetti da lavoro e d’uso quotidiano, come pompe, schiumarole e caldai per il vino cotto, e manufatti di utilizzo domestico (ciotole, anfore, scaldaletti, paioli, ecc.). Erano noti in tutta l’Italia Centrale, perché, essendo anche venditori dei loro stessi prodotti, partecipavano assiduamente alle molte fiere paesane. La lavorazione del rame ha rappresentato per il piccolo borgo di Force una vera e propria risorsa economica. Da una statistica del 1892 si ricava che in quell’anno solo a Force erano presenti ben 28 botteghe di ramai, nelle quali erano occupati ben 66 operai. Le botteghe si trovavano tutte nel centro storico e si affacciavano lungo i vicoli che ancora oggi tagliano il borgo. Con la Seconda Guerra Mondiale e l’avvento della produzione industriale, la lavorazione del rame ha iniziato una fase di lento declino e anche il numero delle botteghe forcesi di ramai si è drasticamente ridotto. Oggi si contano due botteghe ancora attive, una a Force e l’altra nella vicina Comunanza, specializzata nella lavorazione artigianale del rame, secondo il Disciplinare specifico. Questa antica leggenda e i tradizionali processi di lavorazione del rame sono documentati nelle due sedi espositive del Museo del rame, una nell’ex-chiesa di San Biagio e una a Palazzo Canestrari (dove si trova anche il Museo Sistino di Arte Sacra).

La tradizione continua,

Ancora oggi gli artigiani forcesi, muniti di pochi e semplici strumenti, producono in rame capolavori dello sbalzo: conche, paioli, piatti decorati e caldai.  In queste botteghe si possono acquistare oggetti in rame di grande pregio e fare esperienza diretta della stessa semplicità delle attrezzature e organizzazione del lavoro che caratterizzava le botteghe di una volta.

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